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Le vacanze in Liguria

Un estratto del libro

Negli anni sessanta, una buona parte di milanesi che voleva andare al mare, andava in Liguria. Penso per una questione di relativa vicinanza, ma anche per una sorta di tradizione piuttosto consolidata. La mia famiglia non faceva eccezione e del resto, i miei genitori si erano conosciuti sul lungomare di Alassio e si erano fidanzati non appena tornati a Milano.

Il primo mare che ho visto è stato quello, indicatomi dal finestrino del treno; prima un po’ lontano, poi sempre più nitido e di un azzurro intenso, di là dai tetti delle case, negli spazi lasciati aperti tra le vie, dietro i pini marittimi, le palme e gli oleandri.

Ricordo la prima cosa che mi aveva colpito scendendo dal treno, che ancora adesso si associa alla rappresentazione del mare e a una nostalgia struggente e serena allo stesso tempo: l’odore del catrame lungo i binari e la massicciata, misto a quello che usciva dalla piccola stazione, con il sovrapporsi di creme solari e di ciò che emanava la macchia mediterranea, nello splendore terso del giorno.

Ricordo le mie trecce e la mia pelle chiara, che si arrossava di continuo nonostante tutto ciò che mi spalmavano, e che mi restava incollato addosso insieme alla sabbia; una sensazione terribilmente sgradevole e da allora rimasta immutata.

Ricordo la paletta e il secchiello, con cui tentavo di costruire castelli che diventavano simili a medine arabe, basse e tondeggianti, che nessuno guardava e tantomeno apprezzava.

Ricordo la ciambella con il collo di un cigno e il cuscinetto azzurro, proprio dello stesso colore del mare, sebbene ogni volta che lo avvicinavo all’acqua era sempre di un azzurro diverso.

Ogni cosa era vicina all’altra. La ferrovia, la strada principale, i vicoli stretti tra le case strette, i banchi del pesce, i negozi e gli alberghi e le pensioni più piccole, le lenzuola stese, la spiaggia, gli ombrelloni. Ed era tutto vicino al mare.

La sera si riempiva di gente e i colori incominciavano a sbiadire. Si sentiva la musica fuori dai locali più eleganti e il chiacchiericcio dei vacanzieri. La notte si sentiva il passaggio dei treni.

La penultima volta che ci sono stata, ero una dodicenne goffa presso una colonia estiva gestita da suore. Andavo in spiaggia con i jeans e sotto l’ombrellone mi intestardivo a leggere “Sulla strada” di Jack Kerouac, anche se mi annoiava e mi appesantiva ulteriormente, ma questo non l’avrei mai ammesso.

L’ultima volta è stata in una primavera piovosa e rannuvolata come la diciassettenne che ero, ospite della mia compagna di banco del liceo e della sua famiglia, in un appartamento con una terrazza sulla quale andavamo a fumare di nascosto, dietro le palme nei grossi vasi.

Eppure, incomprensibilmente, la prima ed unica immagine che mi ricompare davanti quando penso alle vacanze in Liguria, è il mio costumino da bagno a righe bianche e blu. Sotto un buffo cappello di paglia.

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